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C'era una volta la punta dello stivale, l'estremo lembo della penisola che come un forziere ha custodito gelosamente per quasi un secolo sessantuno fiabe venute da lontano a mettere radici in mezzo agli aranceti, tra le cicale e le zagare, e all'ombra di monti ombrosi stretti tra due mari pescosi di storie. Raccolte e trascritte in dialetto calabrese da un fine intellettuale come Letterio Di Francia, studioso della novella italiana e di fiabe popolari, queste storie, passate di bocca in bocca e narrate principalmente da donne, ci vengono restituite oggi in italiano per poterne apprezzare tutta la vivacità e la freschezza. La loro ricchezza non era sfuggita a Italo Calvino, che per la sua raccolta di Fiabe italiane ne aveva scelte cinque, in cui trovava "motivi originali e rari". Fiabe preziose, dunque, che sanno di zucchero e farina, dove nei boschi di ulivi agitati dal vento s'incontrano reucci impastati a mano, dalla bocca piccante come un peperoncino, e reginotte dalla pelle di ricotta... Accanto a questi e ad altri personaggi dai nomi suggestivi, si muovono i protagonisti già noti del nostro immaginario fiabesco, da Raperonzolo nei panni insoliti di Prezzemolina a Biancaneve qui nelle vesti di Chioccia d'oro.